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Conformismo o adattamento? Impara con il Coaching

La nostra cultura e l’educazione che ne deriva sono, spesso, di ostacolo all’espressione dei nostri sentimenti e delle nostre emozioni.

Le regole e le convenzioni sociali, necessarie affinché la società sia organizzata in modo da salvaguardare l’ordine sociale e la civile convivenza dei propri membri, ci impongono comportamenti che non sempre corrispondono a ciò che sentiamo e che desideriamo fare.

Il conformismo ha un ruolo importante in questa forma di “adattamento” che molti attuano nel corso della propria vita.

Che cos’è il conformismo? Si tratta di un fenomeno per cui un soggetto, anche in presenza di un conflitto tra la propria opinione o la propria emozione e quella del gruppo di appartenenza, cede alle pressioni esercitate da quest’ultimo.

Importanti a questo proposito sono le ricerche condotte dallo psicologo Solomon Asch.

Apprendiamo, fin da piccoli, a essere conformisti e a non sviluppare e coltivare l’assertività, la capacità di esprimere, in modo non aggressivo e rispettoso delle posizioni altrui, il proprio punto di vista, le proprie emozioni e i propri diritti.

La nostra educazione non prevede, di solito, che impariamo a essere assertivi.

“I bambini devono stare zitti” è un modo di dire comune in molte famiglie e, poi, a scuola, dove i bambini e i ragazzi più “bravi” sono gli alunni tranquilli, quelli che non mettono in discussione l’autorità, accettandola passivamente e in modo conformistico, che obbediscono e che imparano che, per essere ben accetti, bisogna imparare il “sì”.

A questo proposito, lo psicologo R. Emmons, in un testo del 1999 dal titolo “Ne hai il diritto”, edito da Calderini, afferma che: “Ancora oggi c’è la necessità di un maggiore riconoscimento delle affermazioni di ciascun individuo, del diritto di espressione di sé  senza timori o senso di colpa, del diritto di dissentire, del contributo unico e irripetibile che può provenire da ciascuno di noi”.

La nostra società, anche attraverso i media, tende a proporre il modello non assertivo che si basa sulla richiesta di essere aggressivi, come modalità di difesa e come strumento per affermarsi sugli altri.

Secondo tale modello, dobbiamo aspirare a essere sempre “vincitori” in termini di supremazia e di sopraffazione, affermando il nostro “Io” attraverso norme spesso poco rispettose dell’individualità dell’altro e dell’espressione dei suoi sentimenti, dei pensieri e dei diritti di cui ognuno di noi è portatore.

La difficoltà, nel passaggio dalla modalità comportamentale aggressiva a quella assertiva, sta nel trovare un giusto equilibrio tra la tendenza all’individualismo, l’affermazione dei propri diritti e quella dei diritti degli   altri.

Uno dei nostri, e altrui, diritti fondamentali è quello di dire “no” senza sentirsi oppressi   dal senso di colpa che, in modo quasi inevitabile, ci assale   quando si esprimono in modo fermo  i propri sentimenti e le proprie convinzioni, soprattutto quando non sono “conformi” a ciò che ci si aspetta da noi, in ottemperanza alla “desiderabilità sociale” che ci impone di dimostrarsi accondiscendenti, disponibili a oltranza e altruisti.

Lo stile comportamentale di tipo assertivo viene, erroneamente, considerato un modo in cui si corre il rischio di essere disapprovati dagli altri e, per molti di noi, questo rappresenta un problema o qualcosa di indesiderato o di inaccettabile.

Occorre invece imparare che ogni volta che pensiamo e parliamo   in modo assertivo attraverso l’espressione giusta di quello che vogliamo veramente, non stiamo ledendo alcun diritto altrui e non vogliamo provocare negli altri alcun tipo di danno.

Esprimersi in modo assertivo, chiaro e rispettoso è una forma di considerazione per l’altro e per noi stessi.

Traendo spunto dal libro “L’assertività” di E. Giusti e A. Testi, edito da Feltrinelli, ecco un   elenco di diritti assertivi che possono aiutarci a definire meglio il nostro modello comportamentale:

  • giudicare   autonomamente il proprio comportamento, i propri pensieri, assumendosene la responsabilità e accettandone le conseguenze;
  • non   sentirsi obbligati a dare ragioni o inventare scuse a giustificazione del proprio comportamento;
  • decidere se ci si vuole assumere la responsabilità di trovare soluzioni ai problemi degli altri;
  • cambiare il proprio modo di pensare;
  • sbagliare e  assumersene la responsabilità;
  • sentirsi indipendenti dalla benevolenza degli altri quando ci si confronta su posizioni diverse;
  • essere illogici nel prendere decisioni;
  • dire “non so”;
  • dire “non capisco”;
  • dire “non mi interessa”;
  • essere trattato con rispetto, qualunque sia il proprio ruolo o status;
  • affermare i propri bisogni ed esprimere i propri desideri;
  • definire i propri limiti, seguire i propri bisogni e dire “no” quando pensiamo di non voler fare una cosa o soddisfare una richiesta;
  • esprimere le proprie opinioni;
  • sostenere i propri valori;
  • essere ascoltati;
  • stabilire e perseguire i propri obiettivi,  soddisfare le proprie aspettative e  non accettare obiettivi e aspettative stabiliti da altri e che ci riguardano;
  • fare richieste a un’altra persona, partendo dal presupposto  che le si riconosce anche il  diritto di rifiutare;
  • attuare i propri diritti.

Per il nostro benessere psicofisico occorre imparare a liberarsi dalla schiavitù dettata dal bisogno di essere approvati da tutti e di “essere amati da tutti” per sentirci realizzati e per rispondere alle aspettative sociali.

Conformismo o adattamento?

Imparare a essere assertivi e a esercitare i nostri diritti, senza inutili e dannosi sensi di colpa, può rappresentare un buon obiettivo per un percorso di Coaching.


 

 

 

 

 

 

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